Archeologi, ingegneri, muratori, impiegati del comune, vigili urbani, non ne venivano a capo, e il traffico aumentava: due ore per fare cento metri. Poi - era un giorno apparentemente come gli altri - uno di loro, uno un po' più sveglio degli altri, disse: "sti cazzi dei romani antichi, la villa se la potevano costruire un po' più in là, copriamo tutto e facciamo sta strada", e così facendo - tra archeologi che si suicidavano e politici che facevano finta di niente - il nostro amico sveglio liiberò un quartiere di 500.000 anime dalle più atroci e ingiuste pene dell'inferno, roba da denuncia alla Convenzione contro la tortura dell'Onu.
I lavori effettivi durarono relativamente poco: una volta avuto il via libera, gli ingegneri si accanirono rabbiosi sulla villa romana disintegrandola a picconate, manco fosse poi lei quella che aveva scelto di ergersi duemila anni prima in prossimità dello svincolo fatale. Si era liberi finalmente di respirare aria pulita e di avere l'impressione di scongiurare il pericolo dei gas di scarico, che al di là del traffico più o meno intenso continuarono ad attraversare come soffioni boraciferi i finestrini a ghigliottina, fondendosi con gli umori caldi di gente svegliata all'alba, Ma per il 391 era ormai troppo tardi; anche davanti a brevi, ma inediti, tratti di strada liberata dal traffico, non riusciva mai a prendere velocità,insomma ad allungare un po' il passo cristosanto,. e la gente appesa ai sostegni, ondeggiando sulle sospensioni provate dagli anni, lo incitava con cori da stadio, tra i "non mollare" e i "corri corri, daje"; rideva e sfotteva la gente, sì, ma lo faceva con quel sentimento di clemenza che istintivamente riserviamo ai derelitti, e qualcuno in quei frangenti tirava fuori il fazzoletto dicendo che aveva una ciglia nell'occhio.
Il 391 arrancava, come una vecchia vaporiera, ma almeno non si fermava, e in pochi si accorsero da lì dentro che il paesaggio intorno stava cambiando, Il 391 visse per molti anni ancora, lanciando nell'aria, dal tubo di scappamento sul tettuccio, i soliti sbuffi malefici lungo il percorso, nei cieli dei Prati Fiscali, dell'Olimpica, di Tor di Quinto, del ponte Mollo, del Foro Italico, all'ombra dell'obelisco Mussolini, e si fermava esausto e dolorante al ricovero capolinea di piazzale Clodio. Nel tempo furono pochi gli interventi di maquillage a lui riservati, forse qualche bus meno datato, forse meno sporco, forse meno inquinante... Fatto sta che nessuno mosse un dito quando in seguito il 391 fu definitivamente soppresso.